venerdì 8 ottobre 2010

Dalla parte delle Lettere


Da circa mezzo secolo si sta dibattendo sulla possibilità di rendere meno istituzionale la Letteratura, quasi fosse un libero gioco di indaffarati scribacchini, senza che gli intellettuali si muovano sul fronte della possibilità.
Tentiamo di conservare i programmi ministeriali, forzatamente campanilistici, senza osservare la globalità dell’esperienza espressiva. L’orizzonte è la morte della stessa, il desolante scenario prospettato da Ray Bradbury in Fahrenheit 451. Ebbene, non voglio dilungarmi sull’analisi del testo, tutti noi sappiamo quanto fosse acuta la sua prospettiva visionaria.

Liberiamo le Lettere dalle forzature antologiche, rendiamole fruibili come un’immensa esperienza formativa alla pari del becco Bunsen che brucia un caleidoscopio di sali. Sia un atto d’amore dunque. Un libro, un film, un disco raccontati sui banchi non siano analisi troppo antologiche o istituzionali, siano strumenti lasciati liberi nelle mani di giovani curiosi.

Questo blog nasce come un grido feroce e dolcissimo al mercato della Narrativa, in senso lato. La più alta delle esperienze che un uomo possa fare è l’esperienza umana, ovvero il contatto con la memoria e l’arte di ogni singolo volto e la sua poesia intrinseca. Questa è la narrativa in tutte le sue forme post moderne. Mentre il mondo dibatte sul nuovo gioiello l’e-book reader, i giovani non leggono e si sono allontanati dal mondo editoriale di loro “spontanea” volontà. Non esiste censura in Italia  (assistiamo ogni giorno come il nostro Paese usi male la stampa e l’editoria per promuovere edonistiche e vuote lame di potere) ma un popolo, un vero e proprio esercito di illetterati. Analfabeti di ritorno, giovani che non sanno scrivere correttamente (senza toccare il vaso di pandora della povera grammatica standard), lessico ridotto a pochissime e semplici parole quotidiane. I giovani non si esprimono e per questo si spengono. Non trovano parole per raccontare le proprie esperienze, sono monchi e muti. Il rovescio di questa medaglia cacofonica è la loro morte personale, la dispersione di vita totalmente casuale e assurda. L’uomo ha sempre avuto bisogno di raccontarsi.
I libri sono che uno degli strumenti privilegiati di quest’arte.

La cultura non muore, ma è povera, ha fame. E’ monca di talento. Stanca. Poco sovversiva. Non disturba ma intrattiene. Lusinga e non scuote. Non è più strumento attivo, ma passivo, nausea e illude. Bisogna selezionare ciò che propone un mercato disonesto e assolutamente ignorante sul contenuto e la profondità necessaria per nutrire una società stupendamente e ferocemente urbana e massificata.
Lo stupore muore con l’immediato.

Di conseguenza questo blog non ha la pretesa di indicare un canone letterario, nemmeno essere un pedante strumento educativo (la sottoscritta non ha tali capacità, e nemmeno l’età) ma una selezione d’amore e passione per il narrare, ma soprattutto il narrarsi dell’uomo. Il gusto, quindi, lascerà posto all’obiettività, anche critica e brutale se necessario, per non alimentare e disperdere quell’energia vitale che tanto si sta allontanando dal mondo, come ama ricordarci il mancato Nobel letterario Comarc McCarthy.


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