venerdì 21 gennaio 2011

Quando il bene supremo è maligno: Tom Rob Smith, Bambino 44





Non è il solito thriller di marchio scandinavo. Questo appassionato autore inglese ha del talento liquido invidiabile. Lo stile pulito ed efficiente denota l’impronta anglosassone a cui ormai non siamo più abituati vezzeggiati e pungolati da alcuni autori scandinavi di (in)dubbia qualità. E’ un libro storicamente ineccepibile, dalle ricostruzioni mai caricaturali o forzatamente politiche. Risulta stucchevole, tuttavia,  nella semplicità e nella caratterizzazione del personaggio ombroso, forse per lasciare spazio al silenzio storico che politicamente cerchiamo ancora di nasconderci quando tocchiamo per mano il Comunismo. E’ un vaso di pandora degli orrori e il killer in questione non è altro che uno dei tanti perversi, e forse nemmeno il più pericoloso, che attanagliano la grande Russia sotto il regime comunista staliniano.

La trama è semplice, quasi un banale pretesto per dispiegare in scena i reali persecutori di un mondo sociale in agonia. Il regime lavora a tutta forza mentre propina assurde utopie in cui l’omicida, lo stupratore seriale, l’omosessuale, il pedofilo, il dissidente politico, l’uomo di lettere non sono altro che reietti della società comunista, ovvero pessimi cittadini che non seguendo le direttive morali del partito non proseguono il bene comune e pertanto devono essere allontanati, puniti e corretti con la forza. Il gulag sembra essere una festa al campus universitario dopo le torture inflitte da una casta di poliziotti senza scrupoli appartenenti all’MGB, precursore del nefando KGB. La sicurezza di Stato non è altro che un manipolo di torturatori sadici che pur di garantirsi scorte di cibo pregiato nei magazzini dello Stato sarebbero disposti ad incastrare innocenti senza il minimo sentore di coscienza. Il complotto, il grande sospetto non è altro che l’anticipo di tutti i sistemi di governo post bellici sino alle contemporanee democrazie. Anche oggi necessitiamo sempre nuovi nemici morali da osteggiare e allontanare per giustificare i confini nazionali e religiosi, salvaguardando così privilegi secolari di istituzioni ormai palesemente degradanti ed umilianti per la libertà civile delle comunità mondiali.
Sembra essere un gioco di prestigio sino a quando il cadavere di un ragazzino viene ritrovato sui binari di un treno e l'ufficiale dell'MGB Leo Demidov si sorprende che i genitori del piccolo morto siano convinti si tratti di omicidio. I superiori di Leo gli ordinano di non indagare né su questa morte né sulle altre che seguiranno. Leo obbedisce, anche se sospetta che qualcuno di molto importante possa esserne implicato. Smetterà di obbedire nel momento in cui alla giovane moglie Raisa arriveranno minacce affinchè diventi lei stessa garante e spia dell'operato di Leo. Da agente inquisitore allineato con i diktat governativi, Leo diventerà un nemico pubblico da snidare, inquisire e sicuramente eliminare. Costretti a fingere di non amarsi per non nuocersi a vicenda, Leo e Raisa, dovranno proteggersi dal nemico ufficiale e potentissimo, e dai tanti nell'ombra di cui ignorano l'identità. Le voci sulle morti girano, e il senso comune inizia a comprendere come lo Stato non sia altro che una macchina psicotica messa in atto per soffocare ogni guizzo di vita al di fuori dell’utopia staliniana. 
Una società assassina che decreta l’assassino un malato mentale, la brutale contraddizione del benessere industriale mentre la popolazione vive di stenti a cui è tolto anche il diritto fondamentale di possedere una casa propria e non in condivisione con altre famiglie sconosciute, la fame enorme della gente contro i graziosi pranzi ipercalorici preparati per il capo supremo che obbliga a turni estenuanti i suoi sottoposti pur di poter digerire pazientemente la zuppa di carne. In questo delirio collettivo la vendetta di questo serial killer sembra essere il minore dei problemi, il minore dei mali, il minore da sopportare.
In una scelta narrativa tanto abile quanto temeraria, Tom Rob Smith anticipa di quasi trent’anni una vicenda di cronaca nerissima: la grondante saga di Andrei Chikatilo, il famoso e famigerato “Mostro di Rostov” che disseminò l’Unione Sovietica pre-Glasnost di decine di cadaveri di bambini e adolescenti variamente mutilati e divorati. Eppure non è il serial-killer il protagonista nero della vicenda. (la cui tenebrosa storia personale dà il titolo al libro la nemesi di Leo Demidov). In Bambino 44, il vero antagonista è, di nuovo, il sistema stesso, incarnato dal mellifluo, lugubre, sadico ufficiale parigrado nemico giurato di Leo. Tom Rob Smith intreccia queste due storylines primarie, la caccia a un killer diabolico e sfuggente da un lato, lo scontro soprattutto etico tra “poliziotti” dall’altro, collocandole contro un sfondo da girone dantesco invogliando il lettore a tenersi stretta la propria libertà, la carta costituzionale dei diritti dell’uomo e l’altissima politica europea raggiunta in questi anni nonostante le divertenti digressioni delle lobby tecnocratiche ed economicistiche.

Voto: 7,5

Edizione di riferimento: Bambino 44 (Child 44), di Tom Rob Smith, 444 p.Traduzione di Annalisa Garavaglia, Sperling & Kupfer, 2008

mercoledì 12 gennaio 2011

Immutatio: La potenza dei classici.




 Dopo la pausa festiva lo staff è lieto di annunciare una nuova sezione del blog che si va ad aggiungere alle Recensioni e alla rubrica Sineddoche curata da Matteo. Come da titolo Immutatio si occuperà di spolverare e riaffrontare quei libri considerati “classici”. Il nome Classico nell’uso editoriale, senza tirare in ballo le etimologie medievali e scolastiche, deriva da una collana promossa dalla casa editrice Mondadori all’inizio degli anni ’60. Si occupava di tradurre e proporre in veste editoriale economica i libri dell’umanità fondanti del pensiero occidentale e della sua letteratura. La "rossa" Mondadori continua la sua opera di diffusione culturale cercando aggiornare continuamente le introduzioni, i commenti e note al testo in modo da permetterci di interagire con lo scritto in maniera assolutamente autonoma. Fu una indiscussa rivoluzione in fatto di critica letteraria (almeno sul suolo italiano, accademico per eccellenza). Produsse, infatti, una vera e propria caccia all'economico che obbligò Einaudi a creare una collana economica universale da contrapporre agli Struzzi stile libero e la "bianca" Einaudi la prestigiosa collana poetica e narrativa inaugurata negli stessi anni.


  



A questo primo abbozzo si aggiunse poi la raccolta Bur Rizzoli che suddivise ulteriormente i libri “capitello” senza trascurare le grandi letterature d’Oriente, in particolare in ambito medievale (epoca dove meglio si sono svolti gli incontri di civiltà religiose come il cristianesimo, islam, e induismo).
Oggi il termine “Classico” ci rimanda all’istituzione di un canone culturale e letterario preciso istituzionalizzato a livello ministeriale. Comprende, insomma, tutti quei libri che a scuola ci hanno obbligato volenti o nolenti a leggere o comunque a studiarne i tratti essenziali in antologia. Il taglio della rubrica si occuperà, invece, di illustrare i classici come pura rappresentazione di amore altissimo per il mondo e la sua rappresentazione. “Bisogna fidarsi dei libri che hanno avuto il battezzo del tempo” afferma Murakami in Tokio Blues (o Norwegian Wood) ovvero quelli che hanno superato la propria epoca per mimetizzarsi nell’inconscio collettivo e nella memoria culturale di una civiltà. Raramente noi occidentali ci pensiamo come un popolo forse siamo troppo abituati a percepirci Nazioni già autosufficienti ed adulte; quindi come educazione abbiamo bisogno solo ed esclusivamente di noi stessi. La Letteratura del Classico ci rivela esattamente l’opposto: rammenta che siamo persone e come tali immerse in una società che ci condiziona in modo diverso a seconda dell’epoca in cui ci troviamo a vivere. Ci sono tratti, tuttavia, universalistici presenti in ogni dove mascherati dietro forme tragiche o sentimentalistiche. Sono proprio queste rappresentazioni simboliche tratteggiate dai “grandi” a farci percepire più mondi e invocazioni a qualcosa che ci trascenda aumentando così il nostro spazio interiore e umano.
I classici sono quindi un patrimonio dell’umanità e vengono raccolti non solo nella narrativa ma anche nella saggistica, nei trattati filosofici e nella poesia. Ogni forma comunicativa deve superare e superarsi per giungere anche in altre epoche non tanto per sfizio culturale o egocentrico degli autori ma deve essere un’eredità inesauribile di intuizioni.
“Chiamasi classico un libro che si configura come equivalente dell'universo, al pari degli antichi talismani”I.Calvino
I classici sono quindi medaglie, non al valore, ma protezioni contro il mondo tecnocratico cieco e sordo alla Orwell, contro i potenti alla Dickens, di amori impossibili e mitici come Medea, le donne magistrali di Zola. Sono lo sfondo spirituale del mondo, l’eredità preziosa e insindacabile che cerca amanti laddove oggi si producono operazione sapienti di marketing.


E se qualcuno obietta che non val la pena di far tanta fatica, citerò Cioran (non un classico, almeno per ora, ma un pensatore contemporaneo che solo ora si comincia a tradurre in Italia): «Mentre veniva preparata la cicuta, Socrate stava imparando un'aria sul flauto. “A cosa ti servirà?” gli fu chiesto. “A sapere quest'aria prima di morire”». I.Calvino

L’ipertrofia letteraria, il suo dilettantismo totale, dimostra la sua profonda agonia. La Sapienza, come illustra il libro biblico, passa attraverso il tempo e non quello del marketing che può far felice i consumatori  e gli scrittori che intendono sopravvivere. E’ solo una piccola parte del mondo, quello più immediato e contingente e ovviamente necessario, tuttavia, è importante sapersi rammentare di volgere il volto verso il vecchio e contemplarlo. Una società che odia il classico è in agonia spirituale e non morale (la morale non esiste essa è sempre personale e relativa). Dobbiamo imparare la bellezza prima di morire-proprio come Socrate- e per questo non possiamo desistere dai nostri propositi d’amore verso il “capolavoro” giunto dimenticato e dimesso nell’epoca del libro intrattenimento, o meglio del “libro trattenuto”.
Il capolavoro è un viaggiatore nel tempo, non è un proclamo sensazionale o una sapiente operazione di marketing.
Per questo speriamo che la rubrica possa instillare amore per la bellezza, curiosità e destare la pazienza e la fatica del procedere fra giganti indiscussi ma comunque allontanati e relegati a colonne d’ercole europee.

 

Iniziamo la rubrica con una comunicazione di servizio.
Segnaliamo le grandi collane di classici economici delle maggiori case editrici presenti sul mercato italiano:

Newton Compton esce periodicamente con classici di altissima qualità a basso costo che variano dai 5 ai 6 euro.

Mondadori con 4 edizioni economiche e una collana di classici contemporanei. I prezzi in media sono 9 euro

Einaudi con 5 collane di economici che attraversano la narrativa, la poesia, e la saggistica con i classici Paperback. I prezzi restano i più elevati del mercato che si aggirano intorno ai 12 euro.

Bompiani con una collana di ristampe periodiche.

"Gli elefanti" di Garzanti con un prezzo medio di 8 euro.

Guanda che ripropone classici minori, uniti alla Tea edizioni sempre attorno agli 8 euro.

Ed infine Feltrinelli che propone ristampe di classici integrali con prezzi che si aggirano in media ai 7 euro.


(se ho dimenticato di segnalare delle collane importanti, fatemi sapere tutto tramite e-mail oppure attraverso un commento pubblico e sarò lieta di correggere l'elenco)