mercoledì 23 febbraio 2011

Diamo i numeri! L'italia e la lettura in cifre secondo l'ISTAT

L’Istat ha resto noto nell’aprile 2010 una serie di dati che andremo qui ad affrontare. Il testo integrale è presente in questa pagina e scaricabile in pdf: http://www.istat.it/salastampa/comunicati/non_calendario/20100512_00/

Premetto che eravamo già messi male, ma qui si rasenta una catastrofe culturale di allarmanti proporzioni. A salvarci sembrano i giovani che hanno una cultura superficiale e qualunquista e leggono solo libri di tecnicismi forzati o di intrattenimento con scarso valore culturale. L’Italia legge poco e male, ma quello che emerge è ben altro rispetto a ciò che sapevamo già. Niente di nuovo sotto il fronte occidentale? Ebbene no.

Partiamo subito dai dati “positivi”. La popolazione italiana sopra i 6 anni di età (nel 2009) ha dichiarato di aver letto almeno un libro. La quota più alta di lettori si riscontra tra la popolazione di 11-17 anni (oltre il 58%), con un picco tra gli 11 e i 14 anni (64,7%), e decresce all’aumentare dell’età. Già a partire dai 35 anni la quota di lettori scende sotto il 50%, per diminuire drasticamente dai 65 anni in poi e raggiungere il valore più basso tra la popolazione di 75 anni e più (22,8%). I giovani al sopra dei 35 anni non leggono nemmeno un libro all’anno nel tempo libero, e nessuno nemmeno in ambito lavorativo. Le donne leggono sempre più dei loro coetanei maschi in particolare nell’età compresa tra i 24 e 26 anni.

Il profondo rosso è dettato da una società ancora fortemente legata alla enorme massa di persone che non possiedono un titolo di studio superiore, infatti coloro i quali detengono esclusivamente un titolo di licenza media sono quasi il 28% degli italiani, anche molto giovani. La divisione in classe culturale e sociale detta quindi uno “svarione” da record, chi legge sono solo i laureati con l’80% degli acquisti.  I laureati tendono però a leggere testi specialistici, fortemente legati alla professione intrapresa, e così anche i liberi professionisti e gli imprenditori. La lettura come cultura è assai cosa rara.

Fonte Istat per ingrandire cliccare sulla foto


A livello territoriale il Sud detiene un record negativo europeo per quasi dieci anni consecutivi. La lettura si concentra per il 52% al Nord, al Centro 48% sino a scendere sotto il 30% al Sud e nelle isole. Significativo è il livello di lettura regionale: il Friuli Venezia Giulia e in particolare la città di Udine fanno registrare picchi di oltre il 56%. Bene anche il Trentino che fa registrare un picco analogo oltre il 56%. Maglia nera alla Sicilia e Campania che per estensione territoriale leggono solo il 31%, circa 1 lettore ogni 100.

Vediamo ora una divisione interna tra i lettori che si dividono in due categorie “forti” e “deboli”. Se definiamo “lettori deboli” coloro che hanno letto al massimo 3 libri nei 12 mesi precedenti l’intervista e “lettori forti” coloro che hanno letto 12 o più libri nello stesso arco temporale. I lettori di libri si confermano fondamentalmente deboli: il 44,9% ha infatti dichiarato di aver letto fino a 3 libri nell’ultimo anno, mentre solo il 15,2% ne ha letti 12 o più.


Le biblioteche personali e domestiche, sembra quasi inutile dirlo, subiscono una flessione laddove il reddito procapite è legato a mera sussistenza- circa il 30% degli italiani utilizza l’intero stipendio per sopravvivere senza potersi dedicare alla propria cultura. Nel 2009 l’89,2% delle famiglie dichiara di possedere libri in casa: il 62,5% ne possiede al massimo 100 (il 28,9% fino a 25 libri, il 33,6% da 26 a 100 libri), poco più di un quarto dichiara di possederne più di 100 (26,7%), mentre il 10,3% (pari a 2 milioni e 474 mila famiglie) dichiara di non possederne affatto.  Le regioni con il più alto numero di biblioteche domestiche sono in prima istanza il Friuli Venezia Giulia, il Trentino, Lombardia, Emilia Romagna, Toscana e Veneto. A sorpresa rientra la Sardegna con una percentuale del 32,9% dato in forte contrasto con la percentuale di lettori nell’Isola.

L’importanza di una biblioteca domestica è fondamentale per coloro che intendono offrire ai propri figli uno stimolo alla lettura. Dati pedagogici confermano che i bambini diventano lettori forti se in casa si possiede almeno uno scaffale di libri dedicati alle letture giovanili (per esempio i classici di avventura). Se letti in pre-adolescenza i giovani acquisiscono una curiosità che va crescendo con l’età e non subisce rallentamenti di sorta. Insomma un lettore forte in adolescenza, lo è per tutta la vita.


Leggendo i dati raccolti e le tabelle indicative ci mostrano uno scenario sempre più elitario e anti-democratico. Il reddito influenza non solo il titolo di studio, ma anche la cultura del soggetto e la sua predisposizione ad essa.  Le biblioteche pubbliche registrano un forte aumento di frequenza ma soprattutto grazie agli studenti che sempre più spesso scelgono le aule bibliotecarie per preparare esami, causa la condivisione di appartamenti con altri coetanei.  Le biblioteche tornano così ad essere un luogo di aggregazione come per la generazione pre-sessantottina e rifugio per precari che cercano di poter raffazzonare una formazione da autodidatti per far fronte a stipendi sempre più risicati. La cultura da obbligo di formazione, diventa una necessità vitale che va ottenuta con ogni mezzo possibile, nonostante non garantisca un futuro lavorativo immediato. Sempre più spesso aziende cercando dipendenti o collaborati con una cultura ferrea e solida anche in campo culturale e umanistico per far fronte alle esigenze di comunicazione di massa che la globalizzazione impone. Le aziende sempre più si curano del benessere dei propri dipendenti, vacanze e sconti agevolati per palestre, biglietti scontati per concerti e teatro, cultura con corsi di formazione. Il modello svedese di benessere sociale sembra aver raggiunto anche il nostro paese, con il classico ritardo di sorta, ma registra un notevole gradimento da parte di tutte le istituzioni.
Le insidie alla cultura, tuttavia, sono tantissime. Altri strumenti ammazza libro sono i social network che diventano opprimenti nel nostro paese. Record vuole di iscritti italiani su Facebook e Twitter, mentre calano drasticamente le letture di intrattenimento sino a due anni fa costanti. La lettura quindi non è più lo svago preferito dopo cinema e discoteche ma un nuovo tipo di comunicazione destinato a stravolgere la nostra quotidianità e il rapporti interpersonali. Facebook e i blog diventano mezzi di critica letteraria militante e itinerante che alternano servizi di qualità contro raffazzonati “professionisti” della domenica.  La democrazia è anche questo, grazie al cielo. L’emergenza è alta, e non affidiamoci a Dio o chi per esso per risolverla.



sabato 5 febbraio 2011

Le ombre dell’esistenza in Alice Munro e le sue “Runaway: Stories”






Tradotto in Italiano “In fuga” perde un poco della sua poesia. Runaway è correre lontano, non proprio fuggire. Di fatto le donne della Munro non sanno di fuggire, sono orgogliose, inaccessibili e non ammettono che si usi un termine tanto dispregiativo nei loro confronti. Non vogliono abdicare alla vita, ma in un certo senso si muovono nell’inerzia del destino, inconsciamente sia chiaro.
Questo libro è dedicato agli amici dell’autrice. Spesso ci si dimentica  quanto le dediche possano essere rivelatrici del significato intrinseco della storia. Tutti i personaggi presenti sono trattati con una pienezza tale da ricordare l’affetto incondizionato che si prova per gli amici. Quanto vi sia di autobiografico non ci è dato saperlo, ma non è questo il punto.

In questi otto racconti vediamo lo spaccato pieno e perfetto della quotidianità umile e dimessa della piccola borghesia canadese (che non differisce assolutamente da nessun altra, fatta eccezione per il senso di inadeguatezza culturale nei confronti degli Usa.) C’è bellezza, purezza in contrasto con la profonda tensione malinconica dei suoi personaggi. Ogni donna del suo libro assomiglia al paesaggio: austero, severo, impalpabile ma profondamente scosso da un moto di inerzia della vita. Si muovono i suoi personaggi e non solo in un piano astratto. Viaggiano, ci provano a dimenticare, a ricominciare. C’è chi torna indietro non riuscendo ad ammettere che la libertà non ha nulla a che vedere con la gioia, donne che hanno cercato di forzare i limiti sociali pagando con l’affetto dei propri figli, debiti d’amore, fughe carissime che costano l’anima di chi le intraprende. Nessuno sa dove andare ma tutti sanno che così non può andare avanti. Un senso di rassegnazione pervade la bellezza di arrendersi all’imprevisto. Donne distrutte dal dolore e dalla perdita, donne vigliacche e sottomesse a cui piace farsi sottomettere per poi lamentarsi, agili madri dalla profonda convinzione che educare un figlio significhi renderlo simili a loro eludendo l’unicità miracolosa di ognuno di noi. Donne egoiste, senza pietà, senza amore per se stesse e per gli altri. Donne dai poteri stupefacenti, donne e uomini troppo buoni ed ingenui fino all’idiozia.  Non c’è carne, non c’è sesso, non c’è bisogno di colorire la storia con dettagli inutili, meglio accennarli, meglio sott’intenderli nei titoli (esempio, passione). Tutto è calibrato in una economia di parole ed espressione che risulta essere perfetta, non c’è una parola in più del dovuto. 

“La conversazione dei baci. Sommessa, eccitante, sfrontata, rivoluzionaria”. (pp.180)

E’ così che parla Munro. Sottile. Precisa e proprio per questo evocativa, eccitante. Profondamente rivoluzionaria. Lontanissima dal nostro stile scrittorio, colorato, vivace, carico di sinonimi dalla bellezza impareggiabile, ella dimentica e torna ad arredare la stanza con una sedia, un tavolo, e un quaderno carico di intuizioni ed evocazioni. L’essenzialità diviene parte integrante dell’architettura perfetta, angosciante e straziante senza cercare la tragedia. Piccoli drammi per grandi personaggi.

Elogio per la novella: Rimetti a noi i nostri debiti. Qui la Munro supera se stessa. L’infanzia entra gioco e ha tutti i tratti dell’innocenza in bilico. Gioca con la paura segreta di ognuno di noi: l’incubo di non riconoscere  i nostri genitori come tali e il terrore che ne scaturisce. Ma la novella grida -e sembra al contempo consolare con una consapevolezza rigida-  che la realtà è molto, molto più crudele rispetto ai nostri incubi infantili. La vita non è come piace a noi. Come tutto il resto.

Edizione di riferimento: Alice Munro, In fuga, Einaudi, 2005, euro 18

Voto: 10 e lode