domenica 21 novembre 2010

Bowles teologico: The Sheltering Sky (Il tè nel deserto)


Paul Bowles, Il tè nel deserto, Feltrinelli, Milano, 2008


Padre della Beat Generation americana, Paul Bowles scrisse questo romanzo The Sheltering sky (tradotto forse con troppa licenza poetica ne Il tè nel deserto) nel 1949 a Tangeri dove si era appena trasferito con la moglie. Divenuto inaspettatamente best-seller mondiale il libro è di pregevole fattura, lasciando ampio spazio all’esotico respiro dell’Africa, ma impedendo così di caratterizzare alcuni personaggi chiave del romanzo abbandonandoli (credo volutamente) a semplici dipinti sullo sfondo.
Il romanzo narra della drammatica avventura di una coppia americana Port e Kit. Port ha lasciato New York, nel secondo dopoguerra, per fare un viaggio in Nord Africa con sua moglie Kit e il suo amico George Tunner. Essi si considerano viaggiatori e non turisti, infatti, non sanno dove si fermeranno, per quanto tempo, e nemmeno se avranno un luogo dove fare ritorno. Nel loro viaggio scoprono un mondo e un paese culturalmente distante anni luce, dove essi sono sempre e comunque stranieri anche se accolti con un singolare calore e trasporto dagli elegantissimi abitanti del Magreb. In questa atmosfera la coppia tenta di ritrovare se stessa attraverso tradimenti, discese nell’inferno più cupo della disperazione umana e nella incomunicabilità fra uomo e donna. Port, infatti, è convinto che l’esistenza sia priva di significati, mentre Kit ne è alla continua ricerca.
Il romanzo è pregiato, alcune zone estremamente ispirate basti pensare ai titoli che suddividono i tre capitoli in cui è strutturata l’opera.  Vi sono alcune manchevolezze strutturali: il finale troppo accelerato e frenetico rispetto alla calma esistenziale del deserto e alcuni aspetti della cultura tuareg che vengono abusati e stravolti nella loro intimità sociale per creare il tocco esotico ancora troppo americano-centrico di Bowles (per fortuna andrà perdendosi dopo la permanenza assidua nel Sahara).
Il romanzo è totalmente autosufficiente rispetto alla vita dell’autore, tuttavia, vi sono alcuni aspetti che non saremmo in grado di cogliere se non conoscessimo la travagliata vicenda di Bowles e il suo viaggio parallelo alla creazione del libro: il disvelarsi della sua omosessualità. In questo romanzo l’omosessualità è percettibile solo nel personaggio di contorno a cui viene affidata la parte del masochista ormai irrimediabilmente smidollato dalla madre apprensiva, e dal giovane tuareg che prende in consegna Kit dopo la dipartita da El Ga’a. Il giovane presenta alle sue innumerevoli mogli la donna travestita da giovane beduino, senza che esse si dispiacessero che passasse molto tempo con il suo nuovo amico. Lo stesso Port lascia in sospeso il rapporto con l’amico Tunner, anche se questo non esista ad insidiare Kit mentre egli viaggia separatamente dalla moglie e dall’amico. La stessa moglie di Bowles, anch’essa scrittrice, aveva avuto solo esperienze omosessuali. In alcuni tratti assistiamo alle trasposizioni nei personaggi principali di alcuni aspetti privati della coppia. I dialoghi estremamente rarefatti e sofisticati, infatti, non hanno alcuna patina di realismo ma sembrano invece funzionali ad un’analisi della vita di relazione in cui i protagonisti del romanzo sono solo semplici contenitori scenici. Bowles  negli anni successivi pubblicò diversi racconti, come l'autobiografia Without stopping (Senza mai fermarsi,che però Burroughs soprannominò Senza svelarsi ritenendola troppo reticente), libri di viaggio, poesie e soprattutto numerose "traduzioni" delle storie raccontategli dal suo nuovo amante, Mohammed Mrabet (1940-viv.), un ragazzo marocchino da lui scoperto e lanciato, con successo, come scrittore. Dal 1973 Bowles ha vissuto tranquillamente a Tangeri il resto della sua lunga vita.
Sullo sfondo di queste esperienze il romanzo resta tuttavia ancorato ad un solido senso autosufficiente. Le tre esistenze che reggono il cielo di Tangeri ci mostrano una cultura assolutamente magnifica nella sua semplicità esistenziale che è sinonimo di una eleganza rarefatta, e della difficoltà oggettiva di portare la vita in un luogo fra i più inospitali del mondo: il deserto. Il mal d’Africa è onnipresente, e come ama ricordarci Bowles, in tanta magnificenza  della potenza naturale il nostro sistema filosofico cade e non ha senso di esistere. Nel deserto dell’Africa in cui non si è mai al sicuro e la salute è minacciata in ogni cibo e in ogni acqua,  le esperienze estreme ci mostrano l’assoluta dignità della vita, la sua persistenza disperata, e la gioia per l’esistere senza potersi adagiare ad un sistema razionale. Il viaggio porterà i protagonisti a fare i conti con l’assoluto e la potenza della natura, mortale e vivissima tanto da far assumere nuova concretezza alla terra ormai da noi totalmente ammansita: “ qui il cielo è così strano, quasi solido”.

Il film



Il libro è meglio conosciuto come la trasposizione cinematografica di Bernardo Bertolucci, dove il film riesce a penetrare ancor meglio la potenza vitale e mortifera del deserto seguito dall’espressività dei silenzi e del disfacimento di ogni tentativo di caratterizzazione dei personaggi. Essi assumono piena realizzazione, e possiamo cogliere i tratti realistici ed estremi della scrittura di Bowles. Il film diventa così funzionale ad un capolavoro, forse troppo prolisso, ma così estremo a cui forse possiamo perdonare qualche piccola mancanza.
Capolavoro indiscusso è  la colonna sonora di Sakamoto: Sakamoto The Sheltering Sky



Voto libro: 8
Voto al film: 8,5

2 commenti:

  1. vorrei leggere il libro in lingua originale

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  2. non concordo con il giudizio che assegna un voto in più al film. secondo me il film semplifica molto il personaggio di Kit

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